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“Perché scrivere una storia”

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Il dott. Fortunato Costa, all’inizio del suo terzo libro pubblicato con me intitolato “Ferro Corto”, fa una riflessione che propongo alla vostra attenzione…

m.v.

Perché scrivere una storia?

Qualcosa ti colpisce, un evento, un racconto, uno sconosciuto che si confida con te e dischiude uno spiraglio da cui riesci a vedere cose che non immaginavi fino a quel momento.

Ed allora ti ritrovi in viaggio senza aver fatto le valigie, senza il check-in, senza far file; non devi aspettare neanche le coincidenze od il bel tempo.

La tastiera non è più ticchettante come quelle di una volta; è silenziosa e paziente, ti aspetta, rispetta i tuoi tempi.

Il personaggio, i personaggi fioriscono e cominciano a respirare. Ti sorprenderanno tutti, dal primo all’ultimo. Faranno cose che non immaginavi, cose che tu probabilmente non avresti mai il coraggio di fare, nel bene e nel male. Da qualche parte ci sei tu, lo sai bene, ma ormai sei partito ed il viaggio durerà fino all’ultima pagina senza poterti tirare indietro.

Il manoscritto cresce, si snoda, si inerpica. Talvolta si blocca nel traffico del quotidiano, ti succhia tutte le idee, è famelico, imprevedibile.

Devi documentarti meglio: non puoi scrivere sciocchezze da dare in pasto a coloro i quali racconterai la storia, che decideranno di fare il viaggio con te senza spostare null’altro che gli occhi: i due caselli autostradali che consentono il passaggio ai tuoi personaggi verso il cervello ed il cuore del lettore.

Qualcuno dei personaggi si perde per strada, succede spesso nel viaggio chiamato vita, fa parte del gioco. C’è chi scende e c’è chi sale.

A volte ti sembra di essere fermo per strada; che viaggio è se resti impantanato?

Leggi, rileggi, forse così può andare. Si riparte.

Non vedi l’ora di finire; la fretta è una cattiva consigliera; rilassati, le idee arriveranno.

Poi all’improvviso la storia finisce, si dilava, si stempera e perde forza.

Quando capisci che il libro è finito ti resta un vuoto dentro, sai che è compiuta e questo vuol dire che siamo ai titoli di coda. Ti mancherà quella storia, anche per diversi giorni, ed avrai come la sensazione di restare come uno stupido, con le mani in mano, a girarti i pollici.

La rileggi, devi correggerla. Con stupore ti rendi conto che c’è qualcosa che non ricordavi; la storia è come un figlio: ti stupisce perché cresce, cambia e ti cambia. Pensi: non è possibile che l’abbia scritta io questa storia, ma quando? E perché?

Scrivere un libro è farsi degli amici. O dei nemici, nel peggiore dei casi. Se non succede niente vuol dire che il libro è un fallimento.

Il vero mistero risiede nel fatto che non sappiamo mai veramente chi siamo e di cosa siamo capaci. Leggere è viaggiare, insieme, senza saperlo. La fine del libro ci troverà più ricchi. Un viaggio è pur sempre un viaggio, non è mai inutile. Ci cambierà. Ci sorprenderà. Ci unirà.

E se qualcuno, incontrandomi per strada, mi dirà: “Lo sai che è stato bello il tuo libro?” io ne sarò felice come è felice una mamma quando le dicono “che bel figlio hai” o il giardiniere, quando qualcuno gli ruba un fiore irresistibilmente bello.

Sappiatemi dire se sono stato un buon compagno di viaggio; le critiche costruttive mi faranno crescere. Ma, vi prego, non condannatemi all’indifferenza. 

Fortunato Costa

I LIBRI DI FORTUNATO COSTA: SCHEDE

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