Un brano del libro “Il sentiero dei Nubi” di Maria Luisa Sgandurra (Mario Vallone Editore).
“…senza che io me ne rendessi conto mi ritrovai in mezzo al mare, in quella fluttuosa striscia d’acqua che presumo osservasse il detenuto sognatore dalla sua cella. Ero su di una zattera fatta di canne di bambù e foglie di palma, mi sentivo il sopravvissuto di un disastro aereo durante una vacanza verso isole esotiche, ma senza la compagnia di Venerdì. Il dondolio delle onde mi smuoveva le budella, gli spruzzi di salsedine mi imbottivano gli occhi indurendo le ciglia, il vento passava tra i capelli rendendomi libero come un Sioux in terre selvagge. Davanti a me nessun “orizzonte” a infrangere lo sguardo, nessuna distesa di terra: eravamo soli, io e il mare. Un continuo oscillare di pensieri muoveva la mia mente come le correnti facevano con il mio corpo. Impotente dinanzi al nulla, rimasi ad osservare oltre lo specchio d’acqua la vita del mare. Vidi un’orca nuotare librandosi tra la sua struttura importante e la sua livrea così netta; due piccoli pesciolini di cui ignoro la razza, poi, si misero a rincorrersi nuotando, in preda a un corteggiamento in piena regola… Ah! Che meraviglia il naturale adattamento amoroso degli animali: non ha nulla di sdolcinato, per questo mi piace. Stremato dalla mia condizione di impotenza mi accovacciai cedendo il passo al sonno.” Continua a leggere