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Il Docens Praecarius secondo Andrea Runco

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Ho letto il volume “Il Docens Praecarius” di Franco Pagnotta al quale vanno le mie sincere congratulazioni, per lo spirito col quale ha affrontato i problemi dei vari substrati della pubblica Istruzione Italiana, ricettacolo delle più disparate situazioni, che spesso scaturivano dai tanti mordi e fuggi da parte di nostri conterranei e non solo, che da sempre, hanno popolato il variegato mondo della scuola.

Purtroppo, molti hanno vissuto questi periodi come dei veri e propri disadattati, chiudendosi a riccio e odiando quella società che non dirado ci accoglieva senza alcun pregiudizio. E bene o male ci dava il necessario per vivere, anche se, a costo di non pochi sacrifici da parte nostra. Molti però si son sentiti estranei in quel mondo, che non ha nessuna colpa, se non quella di averci garantito una vita dignitosa.

Comunque questi fenomeni non erano limitati solamente al mondo dell’istruzione, ma comuni ad altri ambienti del pubblico impiego, nei quali, gli addetti erano numericamente predominanti quelli di provenienza meridionale.

A tal proposito racconto un aneddoto. Un bel mattino in quel di Genova, un bidello malmesso di salute andò a scuola. Qui incontrò il segretario che, notando lo stato di malessere del subalterno, gli disse: “Vada a casa e si curi!” Il lavoratore non se lo fece ripetere due volte, eclissandosi per il giorno  successivo e quelli in avvenire. Allora il funzionario, preoccupato si diede da fare per vedere che non gli fosse capitato qualcosa di spiacevole. Dopo aver accertato che non era presente in casa, non avendo altro modo per rintracciarlo, pensò di telefonare al suo paese d’origine, quindi ad un istituto di istruzione di Nicotera, se per caso qualcuno lo conosceva e se lo avevano visto di recente. Il segretario di questa scuola, gentilmente si mise a disposizione del collega, ed avendo individuato la persona in questione, la convocò presso il suo ufficio, e nel chiedere come mai non fosse in servizio aGenova, il collaboratore scolastico gli rispose: “Il mio segretario mi ha detto, vada a casa!”Quindi lui se ne tornò direttamente a Nicotera facendo il tonto per non andare in guerra.

Comunque per noi che abbiamo fatto questa esperienza è stata sicuramente positiva, specie per chi ha saputo cogliere tutto quello che di buono abbiamo trovato in quella società, che ci ha ospitato facendone un bagaglio personale da portare come novità per migliorare la vita e la società di questa nostra terra. Con dolore e profondo rammarico però devo dire che, molta di quella gente che lì ha emigrato acquisendo qualcosa di utile, quando è tornata al suo paesello, ha ricominciato a suggere il latte delle vecchie radici, che spesso è solo ipocrisia, rancore,egoismo e vendetta. E molte persone che tanto hanno fatto per avere un posto di lavoro decente, ritornando alle proprie famiglie, spesso lo hanno messo a repentaglio e continuano a rischiarlo con false malattie o con supplenze, date al cugino dell’amico del parente. A soggetti, che seppur con discontinuità, fanno solo i furbi avendo così un primo lavoro nell’impiego pubblico e rimpinguano l’introito,con l’attività che fino a quel punto avevano svolto in nero e che, non intendono tralasciare, perché è redditizia in barba a chi si è prestato al gioco. Quest’ultimi, così facendo, causano un disservizio prima di tutto a chi li ha favoriti, il quale, ha calpestato i doveri derivanti del proprio ruolo, e venuto meno al giuramento di fedeltà allo stato.

  Quindi, non lamentiamoci, se con questi sotterfuggi,solo virtualmente facciamo lavorare la famosa categoria dal cartellino facile, lesta e brava a dissolversi facendo perdere le sue traccie. Infatti, quando poi andiamo in un ufficio pubblico, se ci va bene troviamo la sola scrivania ad ascoltare le nostre lagnanze.

Comunque tornando all’opera del caro Franco, ammiro la sottile ironia con la quale è riuscito ad architettare il tutto con acquerelli così vivaci, da sembrare più delle scene di teatro estemporaneo che dei fatti pensati, interpretate dai personaggi più disparati. Per la ricchezza delle descrizioni e per quel senso di impotenza che si ha di fronte al destino, mi sembrano quei film di Paolo Villaggio con l’eterno Fracchia continuamente subissato dalla sventura o forse dal suo esser nato sfigato secondo il linguaggio in uso tra i nostri giovani.

Peccato che l’attore è morto, altrimenti avrebbe potuto fare più di un bel film dalla vena malinconica e comica allo stesso tempo. Ma non tutto è perduto, poiché nel mondo del cinema è rimasto un personaggio altrettanto dissacratore in grado di interpretare questi ruoli. Egli è “Checco Zalone”, mandate a lui una copia di questo libro sicuramente saprà farne buon uso. Questo mio consiglio è dettato dall’estro col quale ho sentito interpretare qualche scena dei suoi films.

Di pari valenza artistica è Carlo Verdone, bravissimo ad interpretare quei personaggi paranoici, che sembrano essere costantemente sull’orlo del collasso, se  anche una semplice virgola non va ad occupare il posto riservato nella giusta casella. Quindi anche lui è papabile per questo ruolo.

GrazieFranco.

Andrea Runco

Maggiori informazioni sul libro al seguente link: VAI AL LIBRO

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