La prefazione dell’ultimo libro di Andrea Runco “Un solo Amore” (Mario Vallone Editore):
Fin da ragazzo, ho avuto modo di conoscere dei soggetti che si ammantavano di una gran quantità di titoli nobiliari, cose astratte, che però contribuivano a farli levitare a tre spanne da terra e rimarcare la differenza sociale tra loro e la povera gente.
Da ciò mi è sempre nata spontanea la domanda: “I nobili o benestanti sono tutti uguali, egoisti, avari e senza cuore?” Ebbene, in casi veramente rari si può verificare il miracolo che qualcuno di loro, ancor prima di essere nobile per titolo, nasca già con la nobiltà d’animo, come Federico, il protagonista principale di questa mia narrazione e buona parte della gente che lo circonda.
Il racconto presente in questo volume prende le mosse da una storia vera, di cui un tempo ho sentito raccontare dei frammenti.
Il caso volle che nell’inverno del 2020, recluso in casa, non solo per l’oscurità che si è impossessata di me da moltissimi anni, ma anche per la concomitanza dell’epidemia di “Coronavirus”, per occupare meglio le mie giornate mi sono immerso nella scrittura di alcune novelle.
La storia in oggetto doveva far parte di esse, ma il protrarsi del racconto, arricchito da più pagine, suggerite dal mio estro, in brevissimo tempo ha dato origine a un volumetto che sono lieto di aver editato con l’accortezza di essere il più attinente possibile alla realtà dei fatti successi, suggerita dalle poche nozioni ascoltate.
Il racconto è introdotto da un bambino che nell’estate del 1939, in quel momento in una villa di campagna, proprietà di un ricco possidente di nome Federico, vede arrivare un signore attempato e ben vestito che prende posto all’ombra di un pergolato e qui inizia a scrivere per alcuni giorni, finché al pomeriggio del quinto dì si siede e legge ciò che ha editato.
È Federico l’attore principale del romanzo. Quindi la narrazione avviene in prima persona e, tenendo conto dei vari momenti della vita, egli ci parla di Molinà, paese immaginario della Calabria dove ha dimorato per molti anni, dell’illustre discendenza della sua famiglia e dell’incontro avuto con Nicola, amico conosciuto a Palermo.
Nato nella seconda metà dell’Ottocento, ha avuto modo di sperimentare le vicende della società Italiana post-unitaria.
Sono toccanti gli episodi dell’incontro di Federico con l’eroe dei due mondi, “Giuseppe Garibaldi”, nonché del suo fidanzamento con Diana e del matrimonio, così come quello di Nicola con Sabina sua sorella.
Tutti gli avvenimenti sono legati tra loro da descrizioni che sono vere e proprie pennellate sulle bellezze ambientali che costellano il territorio e riserbano colpi di scena che animano e variano la narrazione calamitando l’attenzione del lettore; né manca qualche accenno ispirato ai mali che hanno afflitto la nostra terra e sono tuttora attuali.
Gli affetti familiari e i buoni sentimenti costituiscono la cornice in cui si alternano avventure, gioie e tragedie, spesso originate, queste ultime, dall’egoismo umano.
Il protagonista, sebbene provato dai lutti familiari persevera nelle sue convinzioni e opere, ispirate sempre ad una condotta che si connota come solidale e generosa.
La nostalgia, fondata sul ricordo, serpeggia nel racconto e si colora di tenerezza per un mondo che via via scompare o si trasforma e per la gioventù e la spensieratezza che inesorabilmente trascorrono.
La morale del racconto insegna che, se un malcapitato perdura nel compiere buone azioni, come il nostro protagonista, e confida in colui che tutto può, sarà premiato, se non altro, per l’insistenza nel chiedere con devozione e rispetto.
Andrea Runco
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MarioVallone
